Buongiorno! Oggi fin dove arriveremo?
Una notte strana, non più abituati alla comodità di un letto, o la stanchezza veramente inizia a farsi sentire (ormai più di 300 km), oppure mentalmente ci stiamo scaricando sapendo che il peggio è passato.
Il peggio è passato? Chiedetelo a Roberta se è così!
Una notte quasi completamente insonne per lei, e questo l’ha debilitata oltre modo. Teoricamente oggi dovremo arrivare verso Trento,
per poi, domani, affrontare l’ultima tappa lungo la Valsugana e Feltre. Vedremo.
Si parte! Salutiamo il portiere dell’hotel, recuperiamo biciclette e borse da viaggio e lentamente ci immergiamo nel caotico traffico
mattiniero della citta di Bolzano.
Quando si legge caotico una persona immagina camion, automobili, corriere, ecc.
Nel nostro caso si tratta di biciclette. Dovete capire, almeno ai nostri occhi, Bolzano, come un enorme crocevia di ciclabili, di
conseguenza persone in bicicletta che vanno al lavoro, persone che camminano, che fanno jogging o ferme che chiaccherano in attesa
di chissa che cosa. Certo, una parte di traffico tradizionale c’è, ma quello è il minimo.
Sgusciati, non senza difficoltà tra le vie del centro, ci facciamo la prima dose di calorie con una mega brioches farcita di cioccolata.
Cercando di orientarci, e credetemi non è facile con tutte quelle ciclabili, decidiamo di seguire il fiume che scende verso sud.
La scelta sembra ben studiata e ponderata, e iniziamo a pedalare allegramente verso Trento.
Verso Trento? Ne siamo sicuri? Ebbene no, siamo diretti a sud ma verso la ciclabile che poi risale verso Merano, primo inghippo.
Riproviamo ad orientarci seguendo le mappe virtuali, ma la confusione è tanta, il caldo inizia a cuocere i cervelli, e in più dovete capire che parliamo di due persone in bicicletta che non possono transitare su bretelle a scorrimento veloce o tangenziali, di conseguenza, anche il solo fatto di essere fuori strada di 5 km per noi è complicato.
Troviamo un gruppo di ciclisti fermi e chiedo informazioni.
Complicato mi dicono. Ormai a questo punto vi conviene uscire dalla ciclabile, attraversare la zona industriale di Bolzano (dove c’è la Salewa per capirsi), e da li ritornare nella ciclabile dell’Adige verso Trento. Facile da dirsi, per nulla da farsi.
Dobbiamo immaginare una zona industriale di una grande citta, rotatorie, strade a scorrimento veloce, e pochi riferimenti visivi.
Dovete passare a fianco alla Salewa, ci aveva detto!
Beh, ci saremo passati a fianco minimo 5 volte, ma un cartello malefico ci impediva di continuare.
“Disperati”, immaginate la stanchezza, il caldo, la depressione, decidiamo di fermarci al bar della Salewa stessa, se non sanno loro.
“Dovete attraversare il sottopassaggio e proseguire a dx” ci disse la barista.
Signorina, a destra c’è il divieto!
“Ma no, ci sono passata qualche giorno fa” lei.
Mi creda signorina, ci siamo passati 6 volte stamattina e non c’è via d’uscita. Al che una cameriera che probabilemte ci aveva sentiti disse: “Si, hanno ragione loro, è chiusa per manutenzione per 3 km, devono fare un tratto della vecchia statale, poco frequentata”.
Ma non potevano scriverlo vicino al divieto di transito? Chiesi io.
La signorina fece spallucce e sorridendo tornò al lavoro.
Ebbene avevamo già perso quasi due ore solo per arrivare nei dintorni di Laives.
Forse, ai più, non è possibile capire quanta energia fisica si consumi con uno stress mentale, tanta credetemi.
Da quel momento la nostra ciclabile dell’adige ebbe un impatto non positivo sulla nostra avventura.
Caldo, caldo, caldo! Una riga di asfalto infinità, in leggera, impercettibile discesa. Ho letto tanti blog sulla ciclabile Trento/Bolzano, tutti entusiati, noi non l’abbiamo per nulla goduta. Eterna, sempre uguale, il fiume da un lato, e questa valle infinita. Ho visto di meglio.
Scusatemi la franchezza ma la penso così, sarà perchè è una delle ciclovie più importanti e veloci d’Europa, ma sembra un’autostrada.
Mai un passaggio in un centro abitato, sempre pedalare e via. Vabbè, ve lo avevo detto, la nostra giornata si era già rovinata prima.
Lasciamo a distanza Bronzolo, Ora, Egna, Salorno, ed entriamo in Trentino. Ciao Alto Adige, sei veramente spettacolare.
E’ quasi l’una, la fame e la sete è tanta, scorriamo a fianco di Mezzocorona e troviamo un Bicigrill nelle vicinanze di S. Michele all’adige.
Ci siamo divorati l’inverosimile.. con la compagnia di una birra media. Fantastico e sopratutto consigliato se ci passate.
Si riparte, la nostra energia è al lumicino, e i nostri occhi dicono tutto.
L’intenzione di questa mattina era quella di salire verso Civezzano (tra Trento e Pergine) e dormire in zona, ma entrambi siamo alla
“canna del gas” … sfiniti. Pedaliamo ormai per abitudine, quasi il paesaggio ci scorre malvolentieri, anche la sola salita di un sovrapasso
sembra di scalare una montagna.
Ulteriore sosta, guardo Roberta e gli dico: Se andiamo in stazione a Trento e prendiamo il treno per Primolano, in serata potremo essere a casa nostra.
In fin dei conti non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, è la nostra sfida, è la nostra avventura, è il nostro sogno nel cassetto.
Non servì neppure che mi rispondesse, i suoi occhi stanchi la pensavano precisamente come me.
Lavis, quasi arrivati … Questo “quasi arrivati” è di malaugurio, ogni volta che lo dico succede qualcosa.
Ciclabile, un pò confusa in questo tratto per chi la conosce poco, siamo in coda a una coppia di Tedeschi con i figli, e due ragazzi con le biciclette da corsa. Bivio, i tedeschi da una parte e i ragazzi dall’altra. Che faccio? Io sono l’apristrada tra noi due.
Decido di seguire i due ragazzi, ma in un paio di minuti scompaiono all’orizzonte, altra energia nelle gambe, altra età, e adesso?
Non c’è più la ciclabile bensì un’altra zona industriale!!! Trento Nord.
Sono incavolato con me stesso, nervoso, nevrastenico, infuriato e stanco. Mi “attacco” al gps (navigatore), mi dice 8 km di strada normale.
Trento Nord, traffico, caos, smog, caldo, afa, stanchezza .. tutto dire.
Lascio stare questo passaggio, meglio così, arriviamo in stazione e Roberta, la super Roberta, prenota i biglietti. Abbiamo tempo quasi un’ora.
Ci sediamo sulle panchine lungo i binari in attesa, iniziamo a “svestire” le bici dalle borse e da tutto il materiale (dobbiamo appenderle in treno), e finalmente iniziamo a rilassarci. I pensieri e le parole vanno ai luoghi meravigliosi che abbiamo attraversato, alle nostre avventure, che in questi brevi ricordi sono solo pillole. Soddisfatti, entusiati, meravigliati, non potremmo aggiungere altro.
Il treno arriva, carichiamo le bici e ci sistemiamo in carrozza, la Valsugana scorre veloce, vediamo la ciclabile che la percorre e i ciclisti affannati dal caldo. Quest’anno l’abbiamo percorsa almeno tre volte, verso sud e verso nord, molto molto bella.
In quel momento ricordo a Roberta che ci manca da affrontare “le scale di Primolano”. Lei mi risponde:”sarà una passeggiata”.
Primolano!
Si scende, ricarichiamo le biciclette con i nostri bagagli (per l’ultima volta in quest’avventura), e ci rechiamo alla fontana in piazza,
quella con il leone di S. Marco.
Siamo pronti, si sale lenti ma felici, mancano pochi km, la salita scorre abbastanza veloce, ci è tornata pure la voglia di guardarci attorno, essere curiosi e meravigliarci di ciò che vediamo. Fastro, Arsiè, Arten, Mugnai … dopo giorni di caldo impressionante, delle nuvove minacciose percorrono il cielo. Le conosco, quelle portano pioggia, grandine, danni.
Veloce Roberta, veloce. Arriviamo alle macchine parcheggiate a Feltre, il tempo di caricarle, salutarci e … scende il finimondo!
E’ buio tutto d’un tratto, il diluvio universale.
Un paio di giorni dopo guardando il tg, scopriamo che l’Alto Adige, la zona tra Bolzano e Trento, è completamente devastata dal maltempo.
Alberi sradicati, ciclabile sott’acqua, strade interrotte, problemi di viabilità. Incredibile. Veramente incredibile.
Ne siamo usciti incolumi, felici e sopratutto asciutti.